Le anforette sabine: una produzione delle botteghe ceramiche degli insediamenti sabini di Magliano Sabina e Poggio Sommavilla

 

 Nel corso del VI secolo a. C.  gli artigiani, operanti nelle officine ceramiche di Magliano Sabina e Poggio Sommavilla dettero l’avvio ad una produzione di anfore d’impasto bruno e bucchero, che costituiscono una caratteristica della cultura materiale di quest’area più settentrionale della Sabina Tiberina. I vasi hanno un  corpo ovoide, segnato da un listello in rilievo nella parte inferiore, piede a tromba, basso collo verticale ed anse a nastro, impostate sulla spalla. La realizzazione di questi contenitori  prese origine dalla rielaborazione di alcune tradizioni artigiane che caratterizzavano alcune produzioni vascolari di area orvietana e chiusina; richiamano infatti i contenitori dei  canopi di Chiusi ed anfore di minori proporzioni, testimoniate nei corredi delle tombe di Orvieto e Chiusi. Sulla spalla di queste anforette è realizzato un fregio decorativo realizzato ad impressione, ottenuto con la tecnica a cilindretto, accompagnata da elementi e, talvolta, sostituita da elementi geometrici o vegetali, realizzati a punzone. Anche in questo ambito vengono assommate e riunite tecniche conosciute e ben testimoniate in territorio  ceretano, falisco, orvietano e chiusino. La tematica figurativa di questi fregi risulta limitata; i fregi infatti rappresentano teorie di cavalli, associati in alcuni casi alla figura umana , nella veste di cavaliere o accompagnatore a differenza di quanto testimoniato dal repertorio dei fregi dei vasi orvietani e chiusini. La costante presenza del cavallo nei fregi di questi vasi, figura che domina anche la decorazione  graffita ed excisa di olle e brocche, ascrivibili alle medesime botteghe, è stata ricollegata ad un assetto arcaico di ascendenza protostorica nella struttura sociale degli insediamenti sabini.

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